La Terapia Cognitivo Comportamentale del disturbo di panico si prefigge 5 obiettivi principali:
Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Terapia Cognitivo Comportamentale si articola nelle seguenti componenti:
Uno dei primi obiettivi della Terapia Cognitivo Comportamentale è aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico sono solo una conseguenza dell’ansia. Non sono, dunque, pericolosi: nulla di quello che teme accadrà veramente. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dell’ansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli.
Gli esperimenti comportamentali giocano un ruolo particolarmente importante nel trattamento del panico. L’obiettivo è quello di dimostrare al paziente che può stare coi sintomi. Il risultato dell’esperimento viene osservato, monitorato e registrato, alla ricerca di prove a favore della spiegazione catastrofica e delle interpretazioni alternative delle sensazioni fisiche.
Gli esercizi di esposizione enterocettiva servono a suscitare proprio le sensazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso di ansia. Indurre volontariamente i propri sintomi vuole contraddire l’abitudine a sfuggirli ed evitarli, perché considerati pericolosi. L’obiettivo è, quindi, quello di mettere il paziente nelle condizioni di affrontare un episodio di tachicardia o vertigine e di superarlo senza ricorrere a mezzi di evitamento o fuga. Alla fine si impara che si tratta di episodi forse sgradevoli, ma certamente non pericolosi o mortali. E si è, quindi, in grado di affrontarli e di gestirli. Si suggerisce di continuare a eseguire gli esercizi, finchè la forza dei pensieri catastrofici non sia diminuita e sia, invece, significativamente aumentata quella dei pensieri non catastrofici.
La ristrutturazione cognitiva svolge due funzioni nella Terapia Cognitiva del Panico. Introduce un’evidenza contraria alle interpretazioni catastrofiche errate e offre una spiegazione alternativa alle sensazioni interne. È spesso utile cominciare la ristrutturazione cognitiva con una descrizione molto chiara degli esiti catastrofici più temuti e poi generare una lista di possibili spiegazioni alternative per le sensazioni fisiche. L’obiettivo della ristrutturazione cognitiva per i soggetti con panico è quello di realizzare che la loro ansia e i loro sintomi siano dovuti alle convinzioni errate che certe sensazioni fisiche sono pericolose, che avranno un esito nefasto, che saranno insopportabili e ingestibili, che sarà impossibile controllarle e resistervi, ecc. Il terapeuta e il paziente troveranno delle risposte alternative a queste interpretazioni, tramite svariate tecniche di ristrutturazione cognitiva.
Poiché molti individui con il disturbo di panico mostrano, come abbiamo detto, forme quanto meno lievi di evitamento agorafobico, l’esposizione graduata in vivo è una componente fondamentale della Terapia Cognitivo Comportamentale per il disturbo di panico. Quando l’evitamento agorafobico è grave, l’esposizione in vivo deve essere introdotta nel trattamento il prima possibile, al fine di creare l’abituazione ai sintomi e a mettere in discussione le cognizioni e le credenze catastrofiche del soggetto agorafobico. Nell’esposizione graduata in vivo il terapeuta aumenta gradualmente il livello di ansia in modo che il soggetto possa realizzare di essere in grado di gestire la situazione, persino con stati d’ansia elevati. Se il paziente non fugge, o non evita l’esposizione, la reazione ansiosa potrà toccare un picco, ma poi si ridurrà spontaneamente e il paziente, nel tempo, si troverà a fronteggiare le situazioni in precedenza temute, senza provare più panico.